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mercoledì 7 marzo 2012

Commento compulsivo - Questa droga che è facebook

- Ciao a tutti. Mi chiamo Elena e sono due giorni che non accedo a Facebook. -
- Ciao Elena, brava - rispondono gli altri, ammirati per la mia forza di volontà.
- Io non condivido un link da cinque giorni! - interviene un altro. Si sente qualche applauso. Mi trovo alla Riunione dei Commentatori Anonimi. Brutta gente, ve lo dico io. Alcuni sono capaci di attaccarsi alla vostra bacheca, post dopo post, e non mollare più finché non hanno il vostro "mi piace".
Una volta ne ho incontrata una che non riusciva a usare più le vocali, dopo aver passato un paio d'anni ad abbreviare ogni frase che doveva scrivere; non le usava neanche con la voce, infatti nessuno la capiva più. È andata a vivere in un eremo. Un altro mio conoscente deve informare la collettività mondiale di ogni suo gesto: "ehi ragazzi, sto andando in bagno, ci vediamo tra 17 minuti circa", "ciao, oggi ho fatto questo". Ma chi se ne importa? Ah, e poi ormai Facebook ce l'hanno anche i ragazzini della scuola media. Già a undici anni con settecento amici, ti inondano la home page di foto e cuori dove taggano le amichette. Ma io come ce l'ho questa tra gli amici? Ah, sì, è compagna di classe di mia sorella che va in prima media. Bah. Io a undici anni giocavo con le barbie. Ad ogni modo sarebbe futile parlare ancora della degenerazione di internet, si stava meglio quando si stava peggio eccetera eccetera. Ma davvero con questo social network ci stiamo aggravando. Sembra di essere stati catapultati dentro 1984 di Orwell, solo che il Grande Fratello è l'umanità, che ti spia attraverso il computer. Stiamo ritornando alla civiltà greca arcaica, in cui tutto quello che si faceva era in funzione di quello che la collettività pensava? Forse sì. Ma quando i greci si battevano per la loro dignità lo facevano di persona, durante i comizi o in battaglia con la spada in mano. Noi, invece, schiavi della nuova generazione, del progresso e della tecnologia, ci battiamo mangiando Nutella a cucchiaiate, in mutande davanti a uno schermo mentre ci rincretiniamo e i nostri neuroni bruciano a velocità sovraumana. Poi però, le rare volte in cui mettiamo il naso fuori dal nostro mondo digitale, stiamo zitti e con gli occhi bassi, spaventati dalle figure in carne ed ossa.

Elena Belvedere

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