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mercoledì 7 marzo 2012

Italia allo specchio

Spesso capita sfogliando un giornale datato o guardando un vecchio film di notare non solo quanto tempo sia passato, ma soprattutto come le circostanze socio-politiche inducessero ad un approccio speranzoso (o semmai di sogno) e raramente di rassegnazione o disincanto come ai nostri giorni. Se negli anni sessanta la famiglia italiana veniva proiettata in una realtà sempre più consumistica e vedeva il domani come una certezza, oggi il domani è incertezza e piuttosto che di un “sogno americano” potremmo semmai parlare di un “sogno estremorientale”. L’Italia è stata, dal dopoguerra in poi, uno dei maggiori paesi compratori d’oro; oggi con la crisi economica e con il rialzo dell’oro siamo diventati i più grandi venditori; caso vuole che i giapponesi siano attualmente i maggiori acquirenti dell’aureo metallo. Se con l’entrata in vigore dell’euro abbiamo frenato il rischio di inflazione e semplificato il rapporto con i mercati comunitari, il potere d’acquisto è altresì diminuito. L’euro si è rivelata una moneta abbastanza forte che nonostante la crisi ha impedito d’incorrere in rischi ben peggiori; ma la moneta unica va inevitabilmente associata ad una politica economica comune che possa limitare eventuali squilibri tra i paesi membri dell’UE. Basterebbe guardare ai cambiamenti che hanno interessato il microcosmo della famiglia italiana dal dopoguerra ad oggi per rendersi conto di come la radice di ogni effetto sia fonte inesauribile di scoperta: in una foto di famiglia negli anni cinquanta si vedevano pochi anziani e molti bambini, in una foto di famiglia dei nostri giorni vediamo pochi bambini e tanti anziani. Recentemente S.E.R il cardinale Angelo Scola ha detto “il gelo demografico avrà ripercussioni sociali gravi”: ciò è di fatto vero. In Oriente, la Cina, per contenere la sovrappopolazione, attua la “politica del figlio unico”. In Europa, specie in Italia, tale sistema, spesso imposto dal tenore di vita e dai costi, si è rivelato fallace e logorante. Col benessere economico si è ineluttabilmente alzata vita media dell’italiano medio, ma gli elevati costi hanno impedito il corrispettivo incremento demografico in Italia, dove si registra un numero davvero irrisorio di nascite. Ciò avrà profonde ripercussioni sul sistema pensionistico italiano, poiché assottigliandosi la fascia della popolazione attiva nella produzione del reddito, si interrompe quel patto generazionale per cui dalla forza lavoro si ricavano le pensioni. Attualmente si stimano cento lavoratori ogni settanta pensionati ma in futuro potrebbero essere (saranno) più pensionati (e quindi pensioni) che lavoratori (e quindi forza lavoro). Come potrà essere mantenuto quell’equilibrio di giustizia finanziaria mediante il quale i giovani lavoratori (che saranno meno dei pensionati) potranno garantire una corretta retribuzione delle pensioni e a loro volta, averle garantite una volta andati in pensione? Avranno mai pensioni commisurate ai contribuiti versati? Dovranno riporre la loro fiducia e “speranza” in una schedina o in uno Stato che garantisca loro una efficiente istruzione pubblica e investimenti consistenti nella ricerca, che si è rivelata strategia vincente anche in oriente?

Alessandro Fricano

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