Coin Slider Gallery

mercoledì 7 marzo 2012

Ciocca

Una mattina ti alzi e pensi che non puoi farcela. Pensi che non puoi continuare così. Ti chiedi cosa fare. Ti chiedi cosa avrebbe senso fare. È difficile accettare che tutto quello che puoi fare è stare lì senza far nulla. Una mattina ti alzi, vai in bagno e apri l’acqua che ti scende sulla testa. A perpendicolo. Gelida. Dicono che è un buon modo per snebbiarsi il cervello. Ma non aiuta a ragionare. Blocca i pensieri. Li lascia in quel ghiaccio freddo. Fermi. Vuoti. Istupiditi.
Una mattina ti metti davanti allo specchio, nuda, e osservi l’acqua scorrerti a rivoli fra i seni, ingorgarsi nell’ombelico. Ripartire verso il basso. Perdersi fra i peli scuri. E guardi il turbante che ti sei fatta svogliatamente con un asciugamano. La ciocca incollata sulla fronte, sfuggita al controllo. Fuori controllo. Sarebbe stupido paragonarsi a una ciocca di capelli. Sarebbe stupido farne un simbolo. Sei stata poco attenta. Ti è solo sfuggita. Tutto qui. Una mattina ti asciughi i capelli col phon. E pensi che dirgli ti amo, di notte, è stata una sciocchezza. Stavate solo facendo l’amore. Ed era molto che non ti capitava.
Dovresti cercare un lavoro. Senza lavoro è difficile. Perché sei giovane. Perché potresti essere ancora bella. E senza lavoro non ti sposi. Senza lavoro non si mangia. E mamma e papà non possono campare te, lui e il piccolo. Marco. Ti piacerebbe, Marco, come nome. È tutto lì, è solo quello. Un nome come tanti. Ce ne sono migliaia, di nomi, come Marco. Non deve dimostrare nulla a nessuno. Piacere, Marco. E basta. Dovrebbe fare il medico, da grande. Dovrebbe studiare molto, ma dopo, almeno, avrebbe un po’ di tranquillità. La serenità e la sicurezza che ci vogliono per avere un figlio. O due. Una casa in città e, d’estate, una al mare. Perché il sole e l’aria di mare fanno bene ai bambini. Ma lui sarebbe medico e non avresti bisogni di consigliarglielo. Lo saprebbe da sé. Lo saprebbe meglio di te e potrebbe spiegartene anche il motivo. Marco. Che bella vita che hai. Peccato che non esisti. Non ora, almeno. E probabilmente mai. Almeno non finché non trovi lavoro.
Una mattina ti alzi, vai in bagno e ti fai una doccia fredda, ti asciughi i capelli scuri col phon mentre sei ancora bagnata e l’acqua ti scorre sul petto. E pensi che lui sarà ancora a letto. E che in fondo è stato bravo, ti ha dato quello di cui avevi bisogno. E ricordi con fastidio di avergli detto ti amo prima di scivolare in fondo al nulla, perché era troppo bello pensarti con un uomo. Fra le braccia di un uomo.
E pensi con un sorriso al momento d’imbarazzo quando tornerai in camera e ti renderai conto di non ricordarti com’è in faccia.

Manfredi Palacino

Nessun commento:

Posta un commento